CONTRO-LUCE

mostra personale

Galleria del Teatro Giuseppe Verdi
di Lonigo

- testo a cura di Stefania Portinari-

Contro-luce” e’ il titolo di questa esposizione che indaga il percorso recente di un autore dedito alla figurazione per la motivata esigenza di affrontare difficolta’ formali forti, interessato al gioco luministico di come le luci e le ombre incidano sui soggetti.

Nelle scene urbane dei suoi acquerelli, il transito della vita cittadina che scorre rapida viene immobilizzato dall’istantanea di una tecnica che permette l’immediatezza, quasi a realizzare degli ”impressionismi urbani” veloci, per trovare una relazione piu’ vicina possibile all’ispirazione e concluderla in fretta senza perdere lo slancio creativo.

Dalle vie solitarie, hopperiane, di una quotidianita’ contemporanea in cui il tempo e’ attraversato dello spostamento, viene un senso di scorrimento, di movimento, una distensio animi attraverso il pulsare veloce dei ritmi metropolitani.

Accanto a queste si materializzano le storie della gente che si incontra, si sfiora, guarda altrove, come in scene sotto vetro, viste in lontananza, spiate attraverso una vetrina o una finestra.

L’idea del vetro-specchio, della figura sotto-vetro, prigioniera in una confezione spazio-temporale, si accosta in modo interessante alla produzione recente degli ultimi paesaggi in cui il tema iconografico va inteso come interesse per il sito, per come i colori in contro-luce vengano offuscati da una sorgente luminosa opposta a quella in cui si guarda, cogliendo le campiture che vibrano, le tinte antagoniste che danno l’emozione.

Contro-luce e’ cio’ che fa apparire anche nelle nuove incisioni, da maestro qual e’ in quest’arte sottile e piena di malinconia e di severita’. Il suo aprirsi al paesaggio urbano, l’essere meno introspettivo, l’interesse per l’atmosfera, per l’aria densa cittadina, non cristallina, e’ un indagare attorno procedendo per aggregazione di segni. E’ un raffigurare per segni. Il suo carattere grafico, che si rifa’ all’incisione classica seicentesca e barocca, nelle ultime prove realizzate con la tecnica all’acquatinta traccia una svolta con effetti piu’ pittorici, in cui il segno rallenta il percorso e crea soggetti in cui sentire l’immediatezza.

Il Serafini voyeur di vite altrui, che coglie il suo percorso piu’ personale nella declinazione del ritratto, ha da sempre incentrato la ricerca sull’autoritratto che diviene scavo e ritrovo di se’. Vi e’ in questa urgenza anche un senso di analisi della figura per studiare la variazione della luce sulla superficie corporea, un pretesto ideale all’introspezione psicologica per trovare l’identita’ di se stessi raffigurandosi all’esterno. Cosi’ i suoi autoritratti si mutano in rebus da indagare, in campionature, come se egli fosse pirandellianamente un altro e cercasse di scoprire la sua reale identita’ attraverso l’azione del guardare, anche ossessivamente, alla propria figura, come insegna la tradizione della storia dell’arte.
Il realismo e l’esistenzialismo, echi dei maestri Guerreschi e Vespignani, suggestioni della pittura USA di fine Ottocento costellano la sua immaginazione.

Se le sue pitture ad olio si presentano necessariamente come uno studio decantato di stratificazioni in cui il rischio tecnico e’ piu’ forte, ad accompagnarlo c’e’ sempre il vibrare del colore impiegato con una modalita’ sensibile e intuitiva. La galleria di presenze, dal pittore in un interno all’autoritratto in piedi con lo sfondo all’Emile Nolde, (solitario e nordico come solitarie sono la forza e la volonta’ vitale dell’artista), declinano un discorso ancora in divenire, un saggio di potenzialita’.

Allo stesso modo i disegni mostrano interessi luministici, pose anatomiche, studi di sguardi e mimiche facciali. Talvolta essi sono la genesi di un’opera, cio’ che precorre al componimento, esercizi ancora per modulare luce e contro-luce, tracce a matita in un gesto antico in cui l’importante non e’ cosa si fa, ma il come.